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Che cosa fa di un ebreo un ebreo?

di Rav Yanki Tauber, pubblicato nel Week in Review della Meaningful Life Center.
Traduzione di Miriam Brindisi per Chabadroma.org

Domanda:
L'ebraismo è una "religione"? Il termine "ebreo non osservante" è un ossimoro? Si può essere ebrei pur non osservando gli obblighi previsti dalla Torà nella vita quotidiana?

Risposta:
Tentare di dare una definizione unica all’essere “ebreo” è una sfida a tutte le definizioni convenzionali che indicano un popolo o una nazione. Noi non abbiamo mai avuto un'unica razza o un'unica esperienza storica e culturale.

Mentre invece noi tutti condividiamo l’eterno amore e il diritto all’esistenza della della terra di Israele sebbene, negli ultimi 4000 anni, la stragrande maggioranza degli ebrei non ha mai vissuto e neppure mai messo piede sul suolo della patria ebraica.

In tutta la nostra storia di 3.300 anni, ciò che ci ha definito “ebrei” è una relazione e un impegno. Siamo ebrei perché Dio ci ha scelto per essere il Suo “tesoro amato da tutte le nazioni... un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Esodo 19:5-6). Siamo ebrei perché ci ha scelto per attuare il ruolo centrale del suo scopo nella creazione: ovvero orientare la nostra vita secondo la Sua volontà per sviluppare, in questo mondo, una società e una comunità che rifletta la sua bontà e la sua perfezione.
La sostanza di questo rapporto, lo statuto di questo impegno è la Torà.

La Torà è il concetto di realtà come Dio l’ha comunicato all’uomo. È il modello del mondo perfetto così come è stato pensato dal Creatore e descrive come il Creatore vorrebbe che venisse vissuta una vita piena e giusta, come del resto Lui stessa l’ha concepita per l’uomo.

Questo sembrerebbe definire la nostra ebraicità come una "religione": siamo ebrei perché ci atteniamo alle credenze e alle pratiche impartite dalla Torà. Ma la Torà stessa dice che non è così.
La Torà proclama (Levitico 16:16) che Dio "abita in mezzo a loro, in mezzo alle loro impurità " – Il che significa che il Suo rapporto con il Suo popolo rimane invariato indipendentemente dal loro comportamento. Nelle parole del Talmùd (Sanhedrin 44a) , “Un Ebreo , anche se ha trasgredito , è un Ebreo”.

Secondo la legge della Torà, l'ebraicità di una persona non è una questione di stile di vita o di percezione del sé: si può essere del tutto inconsapevole della propria ebraicità ed essere ancora un Ebreo, o ci si può considerare ebrei e osservare tutti i precetti della Torà e non essere ancora un Ebreo.

In altre parole, è il rapporto tra l'Ebreo e il suo Creatore, che definisce il suo essere ebreo. Non il suo riconoscimento di questo rapporto o la sua attuazione nella sua vita quotidiana . Non è l'osservanza dei precetti della Torà che lo rende un Ebreo, bensì l'impegno e il significato che le mitzvot rappresentano.

L'essenza di una trasgressione

Questo è il significato più profondo dell’ assioma, " Un Ebreo, anche se ha trasgredito, è un Ebreo ."
Il semplice significato di queste parole è che un Ebreo è ancora un Ebreo, nonostante le sue trasgressioni. Ma a un livello più profondo , è proprio perchè ha trasgredito che egli è un Ebreo.
Un non-Ebreo che mangia chametz (pane lievitato) a Pesach non ha fatto nulla di male, allo stesso modo, per lui mangiare la matzà o mangiare la sera del Seder non ha alcun significato morale o spirituale. Tuttavia per un Ebreo, le mitzvòt di Pesach sono una componente del suo rapporto con Dio: quando li osserva egli concretizza questo rapporto con Lui e lo include nella sua vita quotidiana, se li viola, Dio non voglia, egli trasgredisce cioè egli agisce contrariamente all'impegno che definisce la sua identità. Così, in un certo senso, la trasgressione di un Ebreo non è meno che una espressione (anche se in negativo) del suo rapporto con Dio al pari dell’osservanza di una mitzvà.

Infatti, la parola ebraica mitzvà significa sia "comandamento" che "connessione". Il rapporto tra i due significati della stessa parola può essere inteso anche su due livelli. A livello comportamentale, significa che ci colleghiamo a Dio attraverso il nostro adempimento ai Suoi comandamenti. A un livello più profondo significa che ci stiamo inesorabilmente collegando a Lui in virtù del fatto che ci ha scelto come oggetto dei suoi comandamenti. Ovviamente, questi due livelli di connessione sono due facce della stessa medaglia, essendo le facce interne ed esterne della stessa verità: la nostra osservanza delle mitzvòt nella vita quotidiana è la manifestazione del legame intrinseco tra Dio e Israele.

Il collegamento a sei dimensioni

Lo Zohar, il libro fondamentale della Kabbalà, esprime questo concetto nel modo seguente:

Ci sono tre collegamenti, kishrin, che sono legati gli uni agli altri: Dio, la Torà , e Israele - ciascuno livello poggia sull’altro e ciascuno di essi ha un aspetto nascosto e rivelato. C'è l' aspetto nascosto di Dio , e l'aspetto rivelato. Anche la Torà, ha sia un aspetto nascosto che un aspetto rivelato. Lo stesso accade con Israele, che ha un aspetto nascosto e un aspetto rivelato.

Lo Zohar continua a descrivere il modo in cui la Torà funge da anello di congiunzione tra Dio e Israele: di come la Torà sia un tutt’uno con il suo divino Autore e di come il popolo ebraico si connetta alla Torà attraverso lo studio e l'osservanza dei suoi insegnamenti.

Ma quali sono gli elementi "nascosti" e quali quelli "rivelati" di Dio della Torà e d’Israele? E qual è la loro rilevanza per la nostra connessione a Dio attraverso la Sua Torà?

Lo Zohar fa intendere che queste tre “connessioni” sono interconnesse su due livelli: uno "nascosto" e uno "rivelato". Per ciascuno dei tre collegamenti interconnessi esiste una dimensione esplicita e una dimensione implicita.

C'è il cosiddetto aspetto "rivelato" di Dio – cioè quelle espressioni della Sua realtà che Egli sceglie di manifestare all'interno dell’esistenza che ha creato e vi è il Suo aspetto "nascosto", la Sua essenza inconoscibile. Anche l’Ebreo ha il suo sé rivelato e il suo sè manifestato: cioè il modo in cui egli si esprime attraverso il suo comportamento e la sua parte nascosta, che poi è il suo sé stesso per eccellenza. Anche la Torà , come detto sopra, ha sia un pronunciato che un significato più implicito, come l'anello di congiunzione tra Dio e Israele.

Dal punto di vista del non rivelato, del "nascosto", l'anima dell’Ebreo è legata alla vera essenza di Dio attraverso il rapporto intrinseco con la Torà e attraverso l'impegno che la Torà rappresenta.

Anche se la vita dell’Ebreo, a livello conscio e comportamentale, è in contrasto con la volontà rivelata dell'Onnipotente, egli non è "meno" Ebreo: il legame "nascosto" e intrinseco che definisce la sua ebraicità rimane inalterato. Tuttavia per esprimere questo rapporto a tutti i livelli del suo essere, al fine di portare la sua vita in linea con la sua essenza, l'Ebreo deve ribadire il collegamento con ciò che è stato "rivelato". E può farlo solo studiando la Torà e osservando i suoi precetti.


La terza connessione

Tuttavia , c’è un altro e ancora più profondo significato delle parole dello Zohar.

Il passo citato parla di "tre collegamenti che sono legati gli uni agli altri ". La Traduzione in aramaico di “connessioni” è kishrin che , letteralmente, significa “nodi ".

A prima vista, questo sembra essere un uso scorretto. Infatti se la Torà è il legame tra Dio e Israele, risulta che abbiamo tre entità (Dio, Torà e Israele) collegate tramite due connessioni (connessione di Israele alla Torà e la connessione della Torà con l'Onnipotente). In realtà dovrebbero esserci tre connessioni. Dov’è quindi la terza connessione?

Questo ci porta ad una seconda definizione delle dimensioni "nascoste" e "rivelate" riguardante il rapporto tra Dio e Israele.

Il Midrash afferma:
Due cose hanno preceduto la creazione di Dio del mondo : La Torà e Israele. Eppure, non so chi ha preceduto cosa. Ma quando la Torà afferma "Parla ai figli d'Israele” .. " Ordina ai figli d'Israele ... " , e così via, so che Israele ha preceduto tutti (Tana D' vei Eliyahu Rabba , capitolo 14). In altre parole, Dio ha creato il mondo in modo che Israele potesse implementare il suo piano divino per il creato, come delineato nella Torà. Quindi, i concetti di "Israele" e "Torà" precedono il concetto di un "mondo" nella “mente” del Creatore.
Eppure qual è “l’idea” più radicata all’interno della coscienza Divina, la Torà o Israele? Israele esiste affinchè la Torà possa essere applicata o la Torà esiste per servire l'Ebreo nel compimento della sua missione e come espressione del suo rapporto con Dio? Se la Torà si presenta come il mezzo affinchè Israele possa esistere seguendo i suoi dettami - il Midrash dice - questo presuppone che il concetto di "Israele" sia primario rispetto a quello di "Torà".

Ciò significa che il rapporto di Dio con Israele “precede” (in senso concettuale) la Torà, poiché la Torà viene a servire quel rapporto. In questo senso , Israele è il "collegamento " tra la Torà e Dio: pertanto l'esistenza della Torà come incarnazione della saggezza Divina è il risultato dell’esistenza di Israele e la sua connessione a Dio.

Quindi, abbiamo tre connessioni che collegano Dio , Israele e la Torà:

A livello rivelato, la Torà funge da collegamento tra Dio e Israele: la Torà è collegata a Dio , e Israele è collegato alla Torà. (Ciò include sia la connessione realizzata attraverso l’osservanza di una mitzvà sia la connessione definita dall'impegno stesso).

Ma a un livello più profondo, più quintessenziale, esiste un terzo collegamento ossia il collegamento “diretto" tra Dio e il suo popolo, che precede il concetto stesso della Torà . A questo livello, il coinvolgimento di Israele nella Torà è quello che collega la Torà a Dio - che spinge Dio stesso ad estendere il suo essere infinito e del tutto indefinibile fino a divenire un mezzo di "sapienza divina" e di "volontà divina". A questo livello, non è l' Ebreo che ha bisogno della Torà per essere un tutt’uno con Dio, ma è la Torà che "ha bisogno" dell'Ebreo per evocare il desiderio di Dio di proiettare Se stesso attraverso la Torà.

Ciò nonostante, la Torà è cruciale per il rapporto dell’Ebreo con Dio. Infatti l'essenza dell’Ebreo è radicata con l'essenza di Dio ed è un tutt’uno con la sua fonte.

Tale essenza scende a far parte della esistenza dell’uomo, assumendo una precisa identità come anima prima e come essere umano poi.

Dio ha dato all'Ebreo la Sua Torà. Attraverso la Torà l'Ebreo tocca la profondità della sua essenza e fa suo il legame con il suo Creatore e lo sperimenta nella realtà quotidiana della sua vita.